L’abbassarsi delle temperature ci porta a scegliere tessuti in grado di tenerci al caldo dalla mattina alla sera: il cashmere è proprio il re di tutte le fibre per la stagione fredda.
Morbido, pregiato e senza tempo, il cashmere ha origini lontane, sia in termini temporali che geografici: scopriamole insieme!
CASHMERE: LE ORIGINI
Detto anche “vello d’oro” e “fibra dei re”, oggi viene ricavato dal pelo della Capra Hircus Blythi che viene allevata negli altopiani dell’Asia, soprattutto tra Mongolia, Cina, Tibet e Afghanistan.
Il XX secolo rappresentò un vero e proprio momento clou nella storia degli allevamenti di capre Hircus: la domanda dall’Occidente era così alta che il numero degli animali crebbe in maniera sorprendente. Nel 1949, infatti, sul territorio erano presenti circa 2,4 milioni di esemplari; nel 2004 erano oltre 25,8 milioni, localizzate in aree diverse.
COME SI OTTIENE?
Per difendersi dalle escursioni termiche (in queste aree le temperature scendono anche a -40°), le capre hanno un doppio strato di peluria: il primo, detto giarre, è caratterizzato da peli grossi e ruvidi; il duvet, invece, è quello inferiore, a diretto contatto con il corpo, particolarmente soffice e morbido.
Dei 200/250 grammi iniziali, solo 100 ne “sopravvivono” al processo ed è per questo che i capi in questo filato sono nettamente più cari degli altri. La loro classificazione ricorda un po’ quella dei diamanti: del filato del cashmere si valuta il colore, la purezza, la finezza e la lunghezza.
CARATTERISTICHE DEL CASHMERE
L’esigua quantità di filato ricavabile da ogni esemplare di capra rende già di per sé il cashmere un tessuto raro e, di conseguenza caro. Ha però anche molte altre caratteristiche che lo rendono pregiato.
Il cashmere è anche incredibilmente sostenibile perché le capre vengono allevate in modo estensivo e la raccolta del vello è totalmente indolore e innocuo per l’animale: il procedimento viene effettuato solo due volte all’anno, a distanza di 3 o 4 settimane una dall’altra.
COME RICONOSCERLO
In commercio è facile individuare cartelli e diciture che ci segnalano maglioni e capi d’abbigliamento 100% cashmere ma non sempre è tutto oro quello che luccica. Per evitare fregature, ecco qualche trucco per lo shopping.
Nel 1993 il Comitato di Difesa del Consumatore svolse un’indagine sulle etichette per scoprire se le composizioni indicate corrispondevano a realtà: scoprirono che nella maggior parte dei casi le percentuali di cashmere erano nettamente più basse di quanto indicato.
La legge 883/1973 riporta che è accettato un margine di tolleranza per i prodotti tessili realizzati con ciclo cardato: è possibile non dichiarare nell’etichetta la presenza di fibre estranee se queste non superano il 5% del peso totale. La CDC mise in evidenza che questa percentuale veniva ampiamente superata da moltissimi produttori.
Più complessa è la prova della fiamma, che però è la preferita dei tecnici tessili che si occupano di verificare le fibre. La lana, a differenza del cashmere, sprigiona un odore simile a quello dei capelli bruciati (in entrambi è presente la cheratina) e produce poco fumo bianco.
LAVAGGIO E CURA
Niente fa avere una lunga vita a un capo d’abbigliamento come un corretto lavaggio e la sua corretta conservazione: ma come si lavano i capi in cashmere?
Su Instagram continuiamo a parlare di cashmere e tessuti per la stagione fredda: se non vuoi perderti i miei contenuti, mi trovi come @fabiolaeffe_ Se invece sono le basse temperature a mandarti nel panico, qui ho la guida che fa al caso tuo!
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